Fine dei sogni. I tre schiaffi rimediati ieri a Pistoia, in una gara nemmeno giocata malissimo dai rossoblu di mister Zavettieri, hanno l'effetto di una doccia gelata e rappresentano i titoli di coda di una stagione tanto strana quanto brutta. Una stagione partita tra i proclami della scorsa estate e che si appresta a concludersi tra mille rimpianti e tanta tanta delusione. Una disfatta insomma. Perchè se è vero che L'Aquila occupa al momento la quarta posizione di classifica, il risultato migliore della sua storia calcistica dal dopoguerra ad oggi, è ancor più vero che, per le dinamiche e per la piega che questa annata aveva preso, si poteva e si doveva fare molto di più.
Lasciarsi andare a facili entusiasmi sul raggiungimento dei playoff, cercando così di nascondere le problematiche interne e gli innumerevoli limiti societari e di gestione tecnica, è un giochino perverso che alla lunga non ha funzionato. Proprietà assente nei momenti cardine del campionato, confusione nella gestione di uno spogliatoio composto da tanti (forse troppi) giocatori di grande caratura tecnica e personalità e vuoti di potere riempiti di volta in volta dal protagonista di turno hanno affossato definitivamente le speranze di centrare persino gli obiettivi minimi.
Quello che ci vuole adesso, come ripetiamo su questo giornale da molto tempo, è un grosso ed immediato cambio di mentalità che porti ad una programmazione seria su tutti i fronti. Con chiarezza e decisione. Il rischio è che nella prossima stagione, se non si interviene subito, si vadano a palesare e riproporre le stesse problematiche e gli stessi limiti visti oggi.
La proprietà deve tornare a fare la proprietà. Con rinnovato entusiasmo e risorse economiche che non provengano magari solo ed esclusivamente dall'indotto della ricostruzione (con tutti i rischi e le incertezze che a questo si associano). Aprire al più presto a forze fresche ed a nuovi punti di vista può e deve essere l'obiettivo. Mettendo da parte i personalismi e la visibilità che L'Aquila calcio concede a chi si siede nelle stanze del potere rossoblu e facendo azienda. Rimettendo in discussione ogni singola figura in società e stabilendo con precisione i ruoli di ciascun interprete. Solo così un insieme di persone si può trasformare in un gruppo, una squadra. Senza dimenticare gli errori commessi, che devono invece diventare il faro nella mente di chi andrà a dirigere questa barca.
Ultimo pensiero. Il calcio è una grande passione. Se nel fare calcio manca questa fondamentale caratteristica, ossia proprio quella della passione, è difficile pensare che si riesca ad andare avanti con costanza e lungimiranza. L'Aquila non può essere considerata una vetrina, ma è una maglia a cui tutti devono rimanere aggrappati. Con professionalità, entusiasmo ed, appunto, passione.