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L’Aquila: gli errori commessi

La settimana da poco conclusa ha ridimensionato i piani de L’Aquila di salire in Serie D, specie dopo il big match del Gran Sasso di mercoledì contro il Chieti. A dirla tutta il pareggio di Avezzano ha anche sorpreso positivamente, poiché ci si aspettava un gruppo abbattuto dopo lo 0-1 del 2 giugno e invece aldilà del risultato ottenuto, L’Aquila ha palesato quantomeno una reazione, ammirabile in modo particolare nel primo tempo.

La sconfitta contro i teatini e gli accadimenti immediatamente successivi, aprono a delle doverose riflessioni.

Sottovalutazione degli errori. Parlare negativamente della costruzione della rosa può anche essere condivisibile, ma il discorso è più complesso. Vero che i punti deboli vi erano già a settembre, ma la squadra del capoluogo probabilmente era quella ad averne di meno rispetto alle 20 formazioni di Eccellenza, Chieti compreso. Qual è dunque la differenza tra L’Aquila e il Chieti? Che L’Aquila ingannata dal provvisorio primo posto nel vecchio campionato ha sottovalutato le sue lacune, confermando grosso modo l’organico di inizio stagione con la convinzione di riuscire a prevalere anche nell’Eccellenza a 7 squadre. Non è andata così. Il Chieti invece, probabilmente in virtù di prestazioni non convincenti era consapevole dei propri difetti e ci ha lavorato con cura e intelligenza, pescando anche quei giocatori tesserati in club che avevano deciso di non ripartire nel nuovo format a 7 squadre. Era possibile.

Società che ci sa fare, ma che deve farsi le ossa. I primi errori si trovano a monte, come sempre del resto. Sia chiaro, a L’Aquila nessuno rimpiange le vecchie gestioni arricchite (si fa per dire) da collette dei tifosi per comprare gli alimenti ai giocatori, con gli stessi supporters rossoblu a pagare la trasferta di Campobasso nella stagione 17/18.  Il nuovo e inedito sodalizio aquilano ha mostrato delle enormi capacità da un punto di vista commerciale e amministrativo, ma non ci dimentichiamo che è al comando da due anni di un club in un mondo per loro sostanzialmente nuovo. Ragion per cui, c’è bisogno di maturare strutturando l’organo dirigenziale con altre figure che siano ben addentrate nel settore calcistico.

Eccessive le critiche a Bolzan.

Il tecnico argentino avrà certamente commesso degli errori (che egli stesso si è assunto dopo la fatidica gara contro il Chieti), ma è probabilmente il meno responsabile di tutti. Si parla di un allenatore che è stato catapultato all’Aquila dall’oggi al domani e la situazione era già complicata. Alcune volte c’è il cambio di rotta, altre volte no. Prendersela con Bolzan perchè contro il Chieti ha preferito Di Federico al posto di Di Paolo, Moscianese a D’Ercole o non aver giocato a specchio (disponeva solamente di due centrali perché Altares non era al meglio) è troppo semplice con il senno di poi. Se Di Federico avesse segnato sullo 0-0, forse si sarebbe parlato della geniale intuizione di Bolzan, ma con i se e con i ma non si fa la storia. L’Aquila non solo contro il Chieti, ma in tutto il mini torneo ha mostrato di essere meno gruppo dei teatini. E le responsabilità sono più di Cappellacci che di Bolzan.

Progetto tecnico. Se non funziona significa che chi ci ha lavorato ha sbagliato. La linea di mercato non è mai stata chiara. Se le indicazioni sono sbagliate, anche gli acquisti lo saranno. Insomma, il rapporto ds e allenatore non ha funzionato. L’Aquila ha under solamente nel reparto difensivo, tra centrali, laterali e portiere. Se Zanon play non andava bene, allora perché riprenderlo dopo che i rapporti si erano chiusi a settembre e non prendere un regista di ruolo? 

Come ripartire?

Dagli errori si impara e L’Aquila avendo un potenziale societario imparerà. Si onorerà al meglio questo scorcio di stagione e poi si dovrà ripartire come detto in precedenza su un potenziamento dirigenziale e attraverso il quale costruire una rosa maggiormente competitiva.

Pierluigi Trombetta