Ha chiuso l’irragionevole “giornata dei comunicati” (passerà alla storia così) quello dei giocatori. Se non fosse per l'ilarità ed il sarcasmo col quale è stato accolto sui social dai tifosi, simpaticamente ora in attesa anche del comunicato del magazziniere, del collaboratore o di chiunque si senta in diritto di dire qualcosa attraverso i canali ufficiali del club, emergerebbe che, forse, l'unica cosa sensata di giornata l'ha scritta proprio la squadra. "Dodici finali per raggiungere un sogno - hanno scritto i giocatori - Non più chiacchiere ma solo lavoro, sacrificio e senso di appartenenza". Si spera che ora alle parole seguano i fatti perché a Lanusei si giocherà, visti i due concomitanti scontri diretti, una partita difficile e fondamentale, sulla preparazione della quale andavano spese tutte le energie della settimana. Energie che, invece, ci si è affannati a spendere sull'ultima scintilla di una frattura profonda e che viene da lontano.
Nel teatrino di giornata ci sottraiamo alla ricerca, quasi da esercizio di analisi logica, della frase o della parola spese nel senso giusto o sbagliato che si voglia leggere nei comunicati dei protagonisti di giornata. La piazza, inutile ribadirlo, è schierata totalmente dalla parte di Morgia. Emergono però affermazioni gravi, che dipingono il solito quadro desolante, in cui una società diventa spettatrice dell'ennesima disputa tra due dipendenti, non dirime la lite nè ridimensiona l'uno piuttosto che l'altro, assiste all'utilizzo dei canali ufficiali del club per la rivendicazione di posizioni personali. Come se alla Juve Allegri usasse il canale stampa dei bianconeri per attaccare Marotta, e viceversa. Insomma, l'ennesimo cortocircuito che diventa cartina tornasole di una proprietà dallo scarso decisionismo e dai tanti compromessi. Dettati dalle rate, dalla crisi o da qualsiasi altro pur legittimo motivo.
Ma quello che chiedeva a gran voce la piazza era un cambio di mentalità. Forse di livello sufficiente per una serie D, ma inadeguata per chi vuole tornare tra i professionisti. Vuoti di potere, errori del passato e navigazione a vista hanno creato una sorta di cultura dell’emergenza che continua ad essere il modus operandi del club. Insomma, se col silenzio si era preferito rispondere all’annoso quesito lanciato a più riprese da questo giornale “cosa vuole fare da grande la società?” (LEGGI QUI e LEGGI QUI) resta sul campo un’implicita risposta a tinte fosche. Questa volta, almeno, non si potrà dire che la colpa è della stampa o di una tifoseria inevitabilmente sempre più disamorata e rassegnata.